La scuola (con ciò intendo anche l’università) di oggi è nozionistica, spenta e spegnente (l’energia e la creatività degli studenti), noiosa e annoiante, chiusa (architettonicamente e di vedute) e chiudente. La scuola di oggi instilla competizione (nel campo del rendimento scolastico) e ansia (di essere bocciato, di non andare bene a scuola, di rimanere indietro rispetto agli altri, di essere un fallito, di essere sgridato e di non essere accettato dai genitori per i brutti voti).
Ciò che accade oggi nelle scuole è: prendere dei bambini pieni di energia e vitalità (in parte già smorzata dall’ambiente e dai condizionamenti familiari) e spegnerli, renderli sempre più meccanici finché non divengono ingranaggi per il mondo del lavoro.
Ciò avviene perché nelle scuole non vengono fatte sorgere domande negli alunni, ma vengono anzi fornite un gran numero di risposte, un gran numero di istruzioni, un gran numero di nozioni-informazioni. Ciò limita gli orizzonti dello studente in quanto la sua curiosità viene smorzata dalle informazioni che acquisisce, le quali gli sembrano la risposta ai suoi quesiti, gli sembrano tutto ciò che vi è da sapere. La testa dello scolaro viene riempita di informazioni che non lasciano spazio alla curiosità, alla ricerca.
Le informazioni vengono fornite prima che sorga l’interesse e la curiosità, la domanda e la ricerca dello studente. In questo modo divengono delle imposizioni e lo studente non scoprirà le cose con interesse ed entusiasmo ma tenterà di immagazzinare le numerose nozioni che gli vengono imposte, con sforzo e con l’impiego di molto tempo. Questo è un addestramento al mondo del lavoro.
Lo studente deve concentrarsi sullo studio, cercando di allontanare tutte le distrazioni in una lotta senza fine; lo studente si abitua a fare una cosa che non vuole fare per molto tempo, come dovrà fare qualche anno più tardi nel mondo del lavoro. Lo studente impara a controllarsi, a reprimersi, a dominarsi, a lottare contro di sé. La concentrazione su un qualcosa è in sé una lotta, una lotta contro le distrazioni. Se io mi devo concentrare su qualcosa e reprimo le distrazioni, ciò significa che sto forzando la mia attenzione su qualcosa che non mi interessa, altrimenti non avrei bisogno di concentrarmi. In altre parole: è la concentrazione che crea le distrazioni, perché quando mi concentro su un qualcosa vuol dire che forzo la mia attenzione su un oggetto e le distrazioni in questa situazione non sono altro che ciò su cui la mia attenzione vuole spostarsi ma su cui non voglio che la mia attenzione si sposti. La concentrazione è distrazione, la concentrazione è conflitto. Se non mi devo concentrare non c’è distrazione, semplicemente lascio la mia attenzione libera e non le impongo di focalizzarsi su un oggetto.
Ecco perché la scuola risulta noiosa e pesante e perché gli studenti non sono interessati.
Inoltre, come detto, la scuola genera competizione e comincia a creare, insieme a molti altri fattori, le immagini della persona di successo e del fallito. Ha successo chi ha buoni voti, chi viene elogiato dai professori e dai genitori. È fallito chi va male a scuola, chi viene bocciato. In realtà nessuno è un fallito, si è dei falliti solo rispetto ad un sistema (in questo caso in base al sistema scolastico). La scuola può indurre delle persone a pensare di essere dei falliti, dei buoni a nulla, degli incapaci solo perché non gli interessa ciò che gli viene imposto.
Il sottomesso è chi cerca di andare bene a scuola e si impegna nello studio, anche se non gli interessa; per far ciò deve sacrificare le sue tendenze, le sue curiosità , le sue inclinazioni naturali; in cambio di questo sacrificio riceve però l’accettazione ed il rispetto degli adulti.
Il ribelle è chi non accetta di sottomettersi alle imposizioni scolastiche e per questo viene visto male dai professori e non viene accettato dai genitori; il ribelle non ha interesse per la scuola e si sfoga in qualche altra attività; il ribelle cerca le sicurezze che non ottiene nella famiglia e nel sistema scolastico in altri contesti.
A scuola vi è spesso scarsa attenzione per le inclinazioni ed i bisogni degli studenti. L’unica cosa a cui si dà valore è che gli studenti imparino le nozioni e rispettino le regole scolastiche. Degli eventuali malesseri, delle curiosità degli studenti a nessuno interessa. A tutti vengono impartite le stesse nozioni senza alcuna considerazione per gli interessi degli studenti.
A scuola inoltre bisogna stare sempre seduti e non viene permesso di stare nella natura, di osservare la bellezza del mondo. Inoltre vi sono pochi intervalli e ciò non incentiva le relazioni fra gli studenti. Gli intervalli diventano più che altro degli sfoghi per scaricare la pesantezza accumulata durante le lezioni.
Ci dovremmo domandare la reale utilità dell’insegnamento nozionistico. È veramente così importante sapere a memoria tante cose che non ci interessano e che non ci servono? Gran parte delle cose che impariamo a memoria, soprattutto se senza interesse, ce le dimentichiamo.
L’intelligenza artificiale ci mostra che le macchine sono molto più brave di noi sia ad immagazzinare informazioni sia ad elaborarle (l’intelligenza artificiale può ad esempio comporre un tema). Eppure la scuola spesso non fa altro che farci immagazzinare ed elaborare informazioni: non è che facendo così tende a trasformarci in delle macchine, in dei robot?
Io penso che la scuola dovrebbe cercare di sviluppare ciò che ci distingue dalle macchine, ciò che ci rende meno meccanici, ciò che non può essere programmato, ciò che ci rende vivi, ciò che è vita. Io penso che ciò che ci distingue dalle macchine sia la consapevolezza e la creatività. Per questo ritengo che la scuola dovrebbe permettere agli studenti di divenire sempre più consapevoli e presenti e di esprimere la loro creatività nella pittura, nella poesia, nell’informatica, nel teatro, nel canto, nel modo di vivere, nelle riflessioni personali, nel modo di relazionarsi… le scuole oggi sono luoghi grigi, spogli e tristi, oltre che lontani dalla natura. Io penso che le scuole dovrebbero invece essere immerse nella natura, e dovrebbero essere piene della creatività e della vitalità degli studenti: dovrebbero esserci attaccati i loro disegni alle pareti, dovrebbero esserci spettacoli di teatro scritti da loro, dovrebbero esserci dialoghi di riflessione, gruppi di ricerca, dovrebbe esserci libertà di relazionarsi…
Per tutto questo penso che il progetto scuola sia importante. Non penso che esso debba configurarsi in una lotta contro l’attuale sistema scolastico. Lottare contro qualcosa è una forma di conflitto e fa parte di quel modo di pensare che vorremmo abbandonare. Penso piuttosto che dovremmo stimolare la riflessione e la consapevolezza riguardo a questo tema, cosicché vi sia un cambiamento interiore e che certi modi di operare vengano spontaneamente abbandonati. Dal cambiamento interiore potrà poi sorgere un cambiamento esteriore.
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