Categories: Racconti

Matrioske

Matrioske. Sono delle statuette colorate cave all’interno, dentro ce ne stanno altre, sempre più piccole. L’ultima è di legno pieno ed è l’anima. Matrioske, pezzi di legno verniciati, pezzi di carne vestiti. Colorati fuori e incolori dentro, chi vi ha scolorito? Sapete il nome? O forse siete stati voi e ora ve ne vergognate o mai ve ne siete accorti. Specchiatevi in una pozzanghera, guardate i vostri occhi, il naso e la lingua, immergetela nell’acqua e mota, bevetela, che siete bestie. Il rossetto non vi innalza, e neanche veder le mostre o votare, siamo animali e chi lo dimentica è un animale ignorante.

Mi ero alzato con la luna storta. Quella giornata ogni persona era brutta e non so, forse avevo brutte persone accanto a me: dovevo solamente cambiare aria? Una giornata di quelle che si presentano subito – Piacere, sono una giornata di merda. Oggi ti pesto le palle e poi mi scopo tua moglie davanti ai tuoi figli. – qualcosa del genere, né più e né meno. Non erano gli eventi sfortunati, era la mia testa. Volevo smettere di pensare, vivere come gli altri, un poco, giusto un poco. Perché ero dannato, non ero più intelligente né più bello, allora perché mi toccava non saper dire: – No, basta. Stasera guardo anche io un film stupido. Rido, riderò di gusto e parlerò di gossip. – no, non ce la facevo. Potevo farlo ma non sarei stato io, avrei assistito alla scena e sarebbe stato solamente un film stupido all’interno di un altro film stupido.

Vecchiaia colpiscimi, uccidimi. Mi regalerai saggezza o solo rughe e canizie? Sii impietosa, non ho paura: voglio essere bastonato sul capo, ogni mia convinzione dovrà ribaltarsi, ogni mia speranza morire e ogni fortuna lasciarmi.

Quella giornata, come sempre, non avevo nulla da fare. Forse era quello il mio problema, avere ore e ore e dedicarle a belle cose. – Ho letto, ho letto tanto oggi. Storia, romanzi, saggi. Ho suonato la chitarra. Ho fatto un’illustrazione per un libro. La vuoi vedere? – Fa schifo. La chitarra non la so accordare, non so le note, non so pizzicare le corde, ho a malapena quattro calli sui polpastrelli. Non suono la chitarra, perdo tempo. E ho letto, sì, ho letto. Romanzi? Perdita di tempo. Storia? Mi mancano le basi, dovunque io parta mi sembra di combattere contro un oceano, ogni evento va ricostruito altrimenti è una filastrocca da imparare a memoria. Non imparerò mai la storia, non la saprò mai, e poi, a che mi serve? Vivo e respiro, mangio e cago. A volte scopo ed è forse la cosa che mi riesce meglio. Ma non corteggiare, no, no, non fa per me. Ah, mi rimane la distratta lettura saggistica, dove mi perdo e confondo, tirò avanti fino a veder la copertina finale e mi sento colto. Ah, che soddisfazione finire un saggio, ci si sente come chi possa combinare qualcosa nella vita, non un perditempo, un lazzarone. Oh, no!

– Ah, voialtri qua in metro, quanti saggi avete finito oggi? Ah, immaginavo! Nessuno. Capre, pecore, tornate ai vostri show, non sarete mai così impegnati come il sottoscritto. Ma tranquilli, non tutti sono Armando Moscerini, non tutti. –

Giornate vuote di noia, quando scorrono e scorrono e le lasceresti scorrere all’infinito perché hai sempre qualcosa da fare. Ma sei fai, se crei, se ammiri, allora sarà tempo buttato.

Vorrei uccidere il tempo vedendo il mondo, ubriacarmi su una spiaggia dopo aver finito di scrivere un libro e svegliarmi con un terribile male alla testa, domani però. Quel domani indefinito, quel domani che sarà più bello dell’oggi, dove avrai le palle, dove saranno così pesanti e grosse che ti cambieranno la camminata e avanzerai come un cowboy cazzuto a mezzogiorno in punta. E ci sarà l’ombra, la campana, l’inquadratura degli occhi e le pistole al fianco.

– Sergio, che debbo fare? – – Spara, spara a queste troie, a queste persone che rincorrono la propria coda, son matrioske, matrioske fatte di merda. – E allora tiro il cane del Smitt and Wesson e Bam, Bam, Bam. – Sto sparando merde, pigliate queste pallottole, che mi dite, la senti questa? È una pallottola di Mozart, quest’altra è un capitolo di Victor Hugo, e questa? Oh, questa è esplosiva, è un saggio di filosofia. – e cadono, tutti cadono, se non uccisi, tramortiti; mi implorano di smetterla, sono agonizzanti a terra ma me ne fotto, mi avvicino a loro con la Bibbia e uno a uno gliela getto sul capo, finendoli. Non tutti sono morti, alcuni sono rimasti in piedi e hanno le pallottole in mano, le leggono, le ascoltano e le osservano da vicino, sono incuriositi, le soppesano e se le lanciano da una mano all’altra, le mordicchiano.

– Ragazzo, tu hai le palle, si vede. – – Lo so. – rispondo all’uomo che mi ha parlato,

– Era un lavoro che andava fatto. Ma com’è che nessuno mi ha aiutato, com’è che ho dovuto fare tutto da solo? – chiedo. Si avvicina un altro uomo, più vecchio, tutti sono più vecchi.
– Ragazzo, credi che non ci abbiamo mai provato? Sei giovane e non sai ancora nulla: guarda. – Le matrioske si alzano, si spolverano i vestiti, si sistemano i capelli e c’è una ragazza che urla se qualcuno ha del deodorante. Maledizione, che giornata di merda.

 

 

Link alla foto utilizzata per la copertina

Alessandro Oppo

Alessandro è un milanese che vorrebbe scappare da Milano, è appassionato di informatica ma vorrebbe vivere senza telefono, è un artigiano eppure vorrebbe robotizzare tutto, impara una cosa e già vorrebbe studiare dell’altro. Autodidatta da sempre, gli piace sbattere la testa finché tutto non funziona come vuole lui, spesso ci riesce anche! Visita il suo blog personale alexoppo.com Il motto che si ripete dentro la testa è: “Se ci sono riusciti gli altri ci posso riuscire anche io”.

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