Questo è un prototipo di una storiella interattiva. Clicca all’inizio delle frasi evidenziate in grigio per sentire l’audio.
Quando leggo qualcosa ho sempre bisogno di un po’ di buona musica che mi tenga compagnia. Il problema è capire cos’è la buona musica. Se Accendo la radio, potrei sentire una canzone qualunque. E come mettersi d’accordo su cosa è bello e cosa no? Mi sento confuso, forse dovrei spegnere la radio.
La musica è solo una scusa: voglio lasciare Maria. Ma come dirglielo che la voglio lasciare?
Voglio veramente dirglielo?
A volte lasciar correre gli eventi, senza prendersi l’arroganza di poterli cambiare, è la cosa migliore da fare.
Mentre riflettevo, sulla finestra di fronte notai il gatto della vicina.
– Chiedo a Maria se mi vuole lasciare lei? – Chiesi al gatto. Si girò e alzò la coda. Era un segno? Rimasi alla finestra sperando si rifacesse vivo. Avrei tanto voluto che mi parlasse.
Eccomi di nuovo da capo e non c’è nemmeno la musica accesa alla radio. Fanculo la radio. Fanculo Milano. Vorrei essere altrove, magari in Messico.
Uno dei mariachi mi guarda sorridendo. Non ho voglia che mi sorrida. Gli strappo di mano la chitarra, gli rubo il sombrero e me ne vado via dal ristorante senza pagare. Forse dovrei tornare indietro? Non ci penso neanche, del resto ho detto al cameriere che vado a fumare una sigaretta.
– Sai perché le donne possono votare? – chiedo ad una femminista vegana che ho incontrato in ostello. Mi guarda male, forse non avrei dovuto dirglielo? La verità è sempre molto scomoda. Alla fine comunque le sto simpatico, o forse è perché sono l’unico ragazzo alto nella zona.
A cena mi guarda male perché ordino dei tacos con la carne. Mangiare vegetariano in Messico è impossibile, le chiedo se ha voglia di svignarsela col giochetto della sigaretta ma dice che non è giusto.
– Vado un attimo a fare pipì. – le dico una volta finito di mangiare.
– Lei adesso paga anche per il gringo. – Insiste il proprietario. La femminista da quel giorno è diventata ancora più femminista. Di sicuro le girano le balle: mi ha pagato un pasto di carne, buonissimo tra l’altro.
Il gatto è tornato sul davanzale del vicino, guarda un gruppetto di piccioni sul palo della luce. Miagola ed è come se volesse dire qualcosa. Cosa avrà da dire? Guardo la sua padrona che si cambia dietro la tendina bianca. Mi viene un’incredibile voglia di aiutarla.
Mi sveglio sulla spiaggia del Messico. Ci sono delle impronte di uomo e di gatto che vanno dai miei piedi al mare e scompaiono sulla battigia. Il gatto non c’è, o meglio ci sono le sue ossicina vicino alla scritta HELP sulla spiaggia. La femminista nuota attorno all’isoletta come uno squalo sotto il ponte di una nave pirata.
Faccio toccare I polpastrelli degli indici con quelli dei pollici e poi ci guardo attravero come si fa con un cannocchiale. La femminista assomiglia molto a Maria. Le dico che la mollo, che non la voglio più vedere.
Sento la mia vicina urlare perché le ho mangiato il gatto. E’ anche lei sull’isola. Le chiedo se non le serva più aiuto per cambiarsi. Fa così caldo che non c’è bisogno dei vestiti.
La femminista continua a girare intorno all’isola, so che prima o poi mi prenderà e farà di me tanti ossicini. Mentre aspetto la fine mi faccio una siesta in modo da dimenticare questo incubo
Musiche, in ordine:
Mariachiando – Doug Maxwell/Jimmy Fontanez