Se devi scrivere un saggio breve sui social network (e la tecnologia) sei nel posto giusto. Ho scritto questo tema (ma anche tanti altri) con l’intento di darti qualche spunto.
Il mio consiglio è di non leggere direttamente il mio esempio di testo argomentativo sull’Internet ma di provare a guardare prima questo video.
Ti spiego come scrivo e come credo andrebbe affrontato il tema in classe (o la prima prova all’Esame di Stato).
Mai, fino alla creazione di Internet, è stato possibile per l’umanità comunicare così velocemente e tra una tale moltitudine di esseri umani. I vantaggi di tali tecnologie sono evidenti a tutti. Imparare, insegnare, conoscere, guardare, ascoltare, comunicare: le possibilità sono letteralmente infinite e aprono le porte ad un nuovo modo di pensare, più condiviso, più interconnesso.
Se prima dei media (quindi prima dell’invenzione della radio e della televisione), era possibile avere dei pensieri su un certo argomento, e non sapere minimamente cosa ne pensassero le altre persone al di fuori del proprio paesino, le tecnologie dell’ultimo secolo ci permettono di infrangere questa barriera e scoprire cosa passa nella testa degli altri.
I cosiddetti social ci permettono di esprimerci attraverso i post; di commentare un articolo; di dire la nostra sotto un video; di battibeccare con chi la pensa diversamente da noi. I social svolgono un ruolo positivo nel permetterci di andare oltre coloro che normalmente frequentiamo. Ci permettono infatti di dialogare con persone che hanno età diverse dalle nostre, che vivono lontani da noi, che hanno esperienze di vita completamente diverse dalle nostre e con una velocità tale da dare l’illusione dell’ubiquità.
Così, colui che è a Milano, può chattare con chi è a Roma e con chi è a Dubai. Ora, una domanda che ci si potrebbe porre è: posto che i corpi delle persone non si muovono, succede lo stesso per ciò che avviene nelle loro menti? Dove risiedono i loro pensieri? A Milano, a Roma o a Dubai? Vi sono infatti alcuni passaggi non scontati, ovvero una traduzione dal pensiero alla concettualizzazione in frasi, parole, lettere. Questa prima traduzione, visibile a tutti, ne nasconde un’altra visibile solamente agli addetti ai sistemi.
Ogni carattere che scriviamo viene convertito in 0 o 1, e questi simboli quasi mai compiono un tragitto trasparente o al sicuro da sguardi indiscreti. Una caratteristica dell’Internet odierno è infatti l’estrema centralizzazione. Perché avvenga la comunicazione tra Milano e Roma è possibile che gli 1 e gli 0 debbano transitare da New York. Questi 0 e 1 sono i nostri pensieri, facilmente leggibili da chi ci fornisce il mezzo comunicativo. Il detentore del social network ha infatti pieno accesso ai messaggi di miliardi di persone.
Un semplice messaggio privato come: “E’ finito il pane, passi tu a comprarlo?”; una foto in cui si immortala la nostra festa di compleanno; un like alla pagina di un politico; la visione di un filmato comico. Piccole informazioni, insignificanti prese singolarmente, diventano rette, parabole, grafici in scala logaritmica.
Le persone che frequentiamo; la ragazza che ci piace; chi avremmo intenzione di votare alle prossime elezioni; le cuffie che ci hanno regalato anni fa. Il profilo delle singole persone è certosino. Nei datacenter delle grandi compagnie che detengono i social di successo vi sono migliaia e migliaia di server. In essi sono custoditi i nostri profili virtuali, che, come mute di ragni, rassomigliano spaventosamente all’originale. I possessori di queste ‘mute’ digitali le analizzano ed elaborano con sistemi di machine-learning e intelligenza artificiale, senza il consenso degli utenti o con un consenso accettato ma non compreso, il che, in situazioni non digitali, farebbe sorgere diversi dubbi sulla qualità del suddetto consenso.
L’ignoranza sul come funziona Internet ci rende tutti incapaci di intendere e di volere, tanto da teoricamente dover considerare nulli i contratti stipulati sul web, mai limpidi e ricchi di asterischi. Ciò non avviene: miliardi e miliardi di informazioni compongono un quadro della realtà mai visto prima. Chi ha accesso ai dati può letteralmente leggere il presente e correggere il futuro. Può sapere quante persone sono felici e quante tristi in un dato momento. Può anche decidere, se ciò lo aggrada, di bloccare tutte le notizie tristi, rendendo le nostre giornate genuinamente felici! Tramite la statistica è possibile riconoscere la composizione media o ideale di alcuni profili. Così si stabilisce qual è il profilo ideale per i compratori di lavatrici; o i potenziali elettori di un candidato; o magari quali persone possiedono caratteri sovversivi o politicamente scomodi. Spesso gli utenti poco avvezzi all’informatica fraintendono il concetto di privacy, legato al vecchio mondo analogico, fatto di carta e molto più lento, e quello dell’onniscienza, che rappresenta molto meglio ciò che di loro si sa: tutto.
Un tutto che cambia, che si aggiorna in maniera automatica e che può subire processi di influenza. E così, mentre comunichiamo i nostri pensieri da Milano a Roma – passando per New York – tanti 1 e 0, di cui mai immagineremmo l’esistenza o il significato, vengono creati e viaggiano sul rame e sulla fibra ottica. Questo processo è purtroppo a senso unico: poche persone (molto ricche) sanno tutto della maggior parte delle altre persone (molto più povere di loro).
L’informatica, nonostante venga da molti vista come ‘il computer’ o ‘il telefono’ è in realtà la scienza dell’informazione e le nostre informazioni sono il prezzo con cui paghiamo i social (no, non sono gratis).
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