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Una parte degli italiani ha perso il senno a causa del green pass

L’articolo pubblicato su questa pagina è a rischio fraintendimento: le cose succedono e i pensieri si susseguono, ci sono dei momenti in cui, se il pensiero è staccato da ciò che accade e succede, rischia di essere frainteso. Se vedessimo qualcuno piangere per un lutto ciò ci sembrerebbe normale, se non sapessimo del lutto, e vedessimo una persona piangere, dentro di noi potrebbero nascere molte domande: perché piange? Soffre? Cosa le hanno fatto? E se avessimo altri indizi, magari sbagliati, ecco che, formarsi un’opinione errata è cosa da un attimo.

Ci tengo affinché i fraintendimenti siano minimi, poiché è già difficile comprendere le parole di altre persone. Se poi – come dicevo – il tempo è passato e le emozioni non sono più vive, tutto ciò si rende a maggior ragione necessario.

Ci tengo però anche a preservare la mia libertà di dir quello che penso, nei modi che penso siano giusti e anche in quelli che – sfortunatamente – si rivelano sbagliati. Ciò di cui ho più paura è di non dir le cose, e quindi magari smettere anche di pensarle, per una paura sociale, ovvero il preoccuparsi troppo di ciò che gli altri pensino.

Invito quindi i curiosi, o anche chi è capitato per caso su questa pagina, a interessarsi all’elaborato che da questi articoli – ora censurati – verrà prodotto. Invito tutti, sia quelli che son d’accordo con me, ma soprattutto coloro che son contrari, a leggere questo libricino, sperando possa essere un momento di crescita per tutti quanti.

Alessandro Oppo

Alessandro è un milanese che vorrebbe scappare da Milano, è appassionato di informatica ma vorrebbe vivere senza telefono, è un artigiano eppure vorrebbe robotizzare tutto, impara una cosa e già vorrebbe studiare dell’altro. Autodidatta da sempre, gli piace sbattere la testa finché tutto non funziona come vuole lui, spesso ci riesce anche! Visita il suo blog personale alexoppo.com Il motto che si ripete dentro la testa è: “Se ci sono riusciti gli altri ci posso riuscire anche io”.

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  • Non capisco il punto di articoli come questo. Se nei metodi la situazione può ricordare una dittatura, il fine li giustifica. E la stessa azione può essere vista come positiva o negativa a seconda del fine. Se diamo per buono che la pandemia esiste e fa dei danni (non è necessario morire, si pensi alla polio) allora ogni azione presa per evitare quei danni è positiva, chiaramente bilanciata con i danni provocati dalle azioni prese. Dire che le azioni finora intraprese vadano a vantaggio di un'ipotetica dittatura non ha senso, perché i risultati si sono visti. Se queste misure proseguissero quando si sarà raggiunta l'immunità di gregge o comunque si ottengono benefici minimi a fronte di sacrifici sproporzionati, allora si potrà parlare di dittatura, ma questo non è il momento.

    • Ciao Simone, grazie per il commento e buon anno!

      Hai ragione, ormai non vedo nemmeno io più il senso di articoli come questo... Sicuramente rappresentano uno sfogo e, dall'altro lato, speravo sempre avessero una utilità nell'instillare il dubbio.

      Nell'antica Roma la dittatura era una carica dalla durata di sei mesi, non prorogabile e che vedeva nell'emergenza la sua legittimità. Il dittatore aveva poteri speciali per quanto concerneva il governo, quindi il potere esecutivo, ma non poteva affatto cambiare le leggi (immagina dare superpoteri ad una persona perché c'è la guerra e questa persona ti va a cambiare le leggi della convivenza civile).

      La nostra situazione, a mio parere, più che una dittatura (che, come dicevo, ha un limite ben preciso) ricorda più il despotismo, il quale non ha limiti di tempo e prevede un rapporto simile a quello tra padrone e schiavo, il cui il corpo di quest'ultimo appartiene al primo.

      Posso capire l'attenzione di molte persone nel giustificare le azioni (su cui mi sembra ci sia concordia sul fatto che siano autoritarie), ma non posso non pensare che, viste con questi occhi, anche le orribile azioni di cento o mille anni fa troverebbero una loro giustificazione nello logiche dei tempi.

      Qualsiasi guerra offensiva, qualsiasi atto autoritario, qualsiasi discriminazione è sempre avvenuta motivando in maniera molto logica e razionale le azioni che venivano prese e mostrandole come assolutamente necessarie per la difesa del paese, delle anime o della razza: noi però oggi condanniamo le guerre di religione, il razzismo e l'antisemitismo.

      Purtroppo, come non esistono le guerre giuste, non esistono nemmeno le discriminazioni giuste.

      Se invece volessimo parlare dei risultati, credo che sarebbero da considerare gli effetti sulla società a breve termine e quelli a lungo termine.
      Per intenderci, la prima guerra mondiale si è fatta, è stata terribile e sono morti un sacco di innocenti. Il vero problema però è stato il dopoguerra, in cui la società era disseminata di individui violenti che, come uniche esperienze nella vita, avevano vissuto la guerra e la miseria. Una società così poco equilibrata portò a volere una dittatura (ai tempi c'era la paura del comunismo) e ad un'altra guerra mondiale, ancora più devastante della precedente.

      Come vedi la situazione è parecchio complessa e temo che la divisione che si stia creando nella società non possa portare a nulla di buono, seppur, sulla carta, possa parere che tutto stia andando bene e che presto si tornerà alla vita di prima.

      Ovviamente spero di sbagliarmi e che tutte queste paure siano solamente nella mia testa.

      Ti saluto e ti auguro nuovamente un buon anno!

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